lunedì 9 giugno 2008

Il logorio (semantico) della vita moderna

La prima volta che m’imbattei in questo concetto (effettivamente formulato come logoramento semantico) mi colpì per la sua geniale semplicità. In parole povere – è il caso di dirlo – il logoramento semantico descrive il processo di diluizione che l’intensità del significato di una parola attraversa con l’uso e il tempo. Per fare un esempio terraterra, quando ero bambino io – nel pleistocene – era considerato inammissibilmente volgare e oltremodo disdicevole indirizzare chiunque a praticare attività nelle parti basse, nella fattispecie posteriori, del corpo umano. Oggi, a questa icastica esortazione viene dedicata addirittura una giornata nazionale. Oh, ma, mica lo dico per moraleggiare, è solo un esempio. Non vedo l’ora, infatti, che delle esclamazioni, a me molto familiari, che oggi sono ancora definite blasfeme vengano sdoganate ufficialmente e assumano il rango di interiezioni animaliste. D’altra parte non capisco perché la chiesa cattolica riservi addirittura una sezione della liturgia all’agnello, mentre guardi con severità al limite della scomunica qualsiasi riferimento ai suini. Solo il grande e compianto Enzo Baldoni era riuscito, con la sua campagna per il Collaccio, ad eludere con un passo doppio alla Biavati (o con un Aurelio alla Taddei) l’arcigno tabù. E chiedo scusa se ho trovato questo stupido spunto egoista per richiamarne la memoria. Grazie di tutto, Enzo, anche di questo.

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